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Il panorama videoludico sta affrontando una sfida significativa con il movimento #StopKillingGames, che mette in discussione la sostenibilità dei videogiochi digitali nel lungo periodo. Questo dibattito si concentra su una questione cruciale: cosa accade quando i server dei giochi vengono dismessi, rendendo inaccessibili titoli acquistati? La discussione non si limita ai diritti dei consumatori, ma coinvolge questioni più ampie, come la memoria culturale e l’archivio collettivo dell’industria videoludica.
Il movimento è nato nell’aprile 2025 grazie all’iniziativa di Ross Scott, un noto YouTuber famoso per la serie Freeman’s Mind. La scintilla che ha acceso questa controversia è stata la chiusura dei server di The Crew di Ubisoft, un gioco del 2014 che richiedeva una connessione continua, anche per la modalità single player. Di conseguenza, chi aveva già acquistato il titolo si è trovato impossibilitato a giocarci. L’obiettivo principale di questa iniziativa è spingere gli sviluppatori ad adottare misure che garantiscano la giocabilità dei giochi anche dopo la chiusura dei server, come l’introduzione di modalità offline o server privati e comunitari.
Le implicazioni della dematerializzazione
Questa problematica si ramifica in vari temi cruciali: dematerializzazione, tracciabilità, testimonianza e proprietà. Negli ultimi decenni, si è discusso di questi argomenti in termini teorici, evidenziando i pericoli legati alla perdita della memoria digitale. Tuttavia, oggi stiamo assistendo a una realtà concreta che crea danni non solo a singoli individui, ma all’intera società.
Il significato del possesso
Quando si acquista un prodotto, ci si aspetta di averne il pieno possesso e di poterlo utilizzare senza restrizioni. Tuttavia, nel contesto dei videogiochi, l’acquisto spesso si configura più come un affitto a lungo termine. Ad esempio, con servizi come il Game Pass di Microsoft, gli utenti si abbonano a un catalogo di giochi, ma non possiedono i titoli. Ciò comporta che, nel caso in cui la console smetta di funzionare, tutti i giochi digitali acquistati diventano inaccessibili, riducendo il valore del possesso a un semplice ricordo.
La nostalgia del gioco fisico
La transizione verso il digitale ha drasticamente cambiato il modo di vivere i videogiochi. Un tempo, le cartucce e i dischi fisici erano esibiti con orgoglio nelle librerie. Oggi, le console si stanno sempre più orientando verso un modello esclusivamente digitale. È fondamentale considerare che questo tipo di scambio tra privati, simile a quello dei giochi scambiati tra amici durante l’infanzia, rischia di scomparire, portando con sé una connessione fondamentale nel settore.
Identità e cultura del gioco
Il modo in cui i videogiocatori esibiscono la loro passione attraverso oggetti fisici è parte integrante della loro identità. Molti arredano le loro postazioni di gioco con oggetti che riflettono le loro passioni. Questa manifestazione del sé è paragonabile al revival di formati musicali come i vinili, dove si cerca di coniugare la bellezza dell’oggetto con la qualità del suono. La materialità del prodotto videoludico non è solo un mero accessorio, ma rappresenta un legame emotivo e culturale.
Il futuro della memoria digitale
Con l’aumento della digitalizzazione e della gestione dei dati online, stiamo assistendo a una significativa perdita di memoria collettiva. Inizialmente, il digitale era visto come un modo per preservare opere e dati, ma ora, a causa della sovrabbondanza di informazioni e dei costi di conservazione, si rende necessaria la cancellazione di contenuti. Ciò solleva interrogativi su chi abbia il potere di decidere cosa debba essere salvato e cosa possa essere eliminato.
Inoltre, l’abitudine a salvare tutto online ha portato a una disabitudine dai tradizionali mezzi di memoria. Le fotografie conservate nel cloud, ad esempio, potrebbero sparire, lasciando un vuoto di ricordi. È come se fossimo entrati nell’epoca del mementa, dimenticando il memento mori.
Il ruolo della comunità
Il movimento avviato da Ross Scott ha come obiettivo principale quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di preservare la memoria digitale. Tuttavia, avere una memoria condivisa non è sufficiente: è necessaria anche una memoria individuale che possa fungere da verifica della verità storica. La testimonianza collettiva deve essere supportata dalle esperienze personali di ciascuno, creando un tessuto di ricordi che non si basi su una realtà costruita.
Un esempio emblematico di questa dinamica è il film The Truman Show, in cui il protagonista vive in una realtà completamente artificiale. La sua esperienza è manipolata da un contesto collettivo che ne condiziona la percezione. Solo attraverso incongruenze e l’interazione con altri personaggi inizia a mettere in discussione la propria realtà.
La risposta dell’industria
Il movimento è nato nell’aprile 2025 grazie all’iniziativa di Ross Scott, un noto YouTuber famoso per la serie Freeman’s Mind. La scintilla che ha acceso questa controversia è stata la chiusura dei server di The Crew di Ubisoft, un gioco del 2014 che richiedeva una connessione continua, anche per la modalità single player. Di conseguenza, chi aveva già acquistato il titolo si è trovato impossibilitato a giocarci. L’obiettivo principale di questa iniziativa è spingere gli sviluppatori ad adottare misure che garantiscano la giocabilità dei giochi anche dopo la chiusura dei server, come l’introduzione di modalità offline o server privati e comunitari.0

