L’epopea videoludica di Mission: Impossible: un viaggio nel tempo

Dove sono finiti i giochi di Mission: Impossible? Un viaggio tra successi e delusioni videoludiche.

Dove sono finiti i giochi di Mission: Impossible? È una domanda che molti appassionati si pongono, soprattutto ora che il franchise cinematografico continua a riscuotere un enorme successo. Da quando il primo film è uscito nel 1996, il mondo dei videogiochi ha visto una serie di titoli ispirati alla famosa saga, ma sorprendentemente, l’ultimo gioco significativo risale a più di vent’anni fa. Ma com’è possibile che un marchio così iconico non abbia avuto un adattamento videoludico recente? Scopriamo insieme le varie incarnazioni di Mission: Impossible nel mondo dei videogiochi.

Le origini: un gioco di parole nel 1979

Il primissimo videogioco dedicato a Mission: Impossible, seppur non ufficiale, risale al 1979. Scott e Irene Adams, ispirati dai pionieri dei giochi di avventura testuali, crearono un gioco chiamato Mission Impossible (senza il colon, per la verità). I giocatori vestivano i panni di un agente segreto, Phelps, e si trovavano a dover completare una missione per fermare un sabotatore. Era un’epoca selvaggia, in cui le leggi sui diritti d’autore erano ancora un concetto lontano e il gioco, pur essendo un plagio audace, divenne un piccolo cult tra gli appassionati.

Il gioco iniziava con un messaggio vocale, un classico del genere, che diceva: “Buongiorno Mr. Phelps. La tua missione (se decidi di accettarla) è di prevenire la distruzione di un reattore nucleare da parte di una bomba a tempo!”. Non sorprende che i detentori dei diritti del programma televisivo avessero minacciato azioni legali. Ma non è affascinante pensare che già allora si tentasse di portare sullo schermo l’adrenalina dell’azione di spionaggio?

Il salto negli anni ’90: giochi ufficiali e licenze

Negli anni ’90, la situazione cambiò drasticamente. Arrivò il primo gioco ufficiale per il Nintendo Entertainment System, sviluppato da Konami nel 1990, poco dopo il reboot della serie. Nonostante la breve durata della serie, il gioco riuscì a catturare l’attenzione, permettendo ai giocatori di controllare tre personaggi con abilità uniche. Le missioni si svolgevano tra le affascinanti location europee, un tocco di avventura che gli appassionati di giochi di allora non dimenticheranno facilmente.

Nel 1991, un secondo titolo videoludico, sempre sviluppato da Konami, fece il suo debutto: si trattava di un’avventura grafica che tentava di replicare lo stile di Sierra. Con personaggi in tempo reale e un approccio visivamente accattivante, questo gioco rappresentò un tentativo audace di portare la saga su nuovi terreni. Ma, e qui viene il bello, nonostante la sua ambizione, il titolo rimase relativamente sconosciuto, anche tra i fan più accaniti del genere.

Il 1998 e la rinascita con Tom Cruise

Con l’arrivo dell’era di Tom Cruise nel 1998, i giochi di Mission: Impossible ripresero vita con un titolo per Nintendo 64 e PlayStation. Questo gioco, a lungo atteso, tentava di catturare l’essenza del film, ma fu un viaggio turbolento. Dopo anni di sviluppo e cambiamenti di team, il gioco venne lanciato con un’accoglienza tiepida, vendendo oltre un milione di copie nonostante le recensioni non entusiastiche.

Quello che mi ha sempre colpito è come, nonostante l’assenza del volto di Cruise (chissà perché si fosse tirato indietro?), il gioco avesse cercato di emulare l’atmosfera frenetica dei film. Eppure, nonostante l’impegno, i risultati furono piuttosto deludenti. La lotta per realizzare un gioco che corrispondesse alla grandiosità dei film era evidente. Ma perché non rinunciare e lasciare il gioco ai ricordi?

Il declino del franchise videoludico

Con il passare degli anni, i titoli di Mission: Impossible iniziarono a diradarsi. Un titolo per Game Boy Color nel 1999, basato sul primo film, cercò di catturare l’azione del film in un formato isometrico, ma non riuscì a brillare. Poi, nel 2003, arrivò Mission: Impossible – Operation Surma, un titolo per PS2 che tentò di colmare il gap narrativo tra il secondo e il terzo film. Anche se furono apportati miglioramenti, il gioco non riuscì a trovare la sua collocazione nel cuore dei fan.

Ed è così che, nel 2006, l’ultimo tentativo di portare Mission: Impossible nel mondo videoludico si concretizzò con un titolo mobile, ma, ahimè, rimase nell’ombra, quasi invisibile. Come molti sanno, il mondo dei giochi è spietato, e nonostante il potenziale di un grande gioco basato su questo franchise, sembra che la magia sia svanita.

Una nostalgia incompresa

In conclusione, è strano pensare che un franchise così ricco di azione e avventura non abbia avuto un gioco degno di nota negli ultimi vent’anni. La storia dei giochi di Mission: Impossible è un mix di audacia e delusione, un viaggio che ha visto alti e bassi degni di un film d’azione. Personalmente, ritengo che ci sia ancora spazio per un grande gioco ispirato a Mission: Impossible. Un titolo che riesca a catturare l’essenza di spionaggio e adrenalina, potrebbe non solo riaccendere la passione dei fan, ma anche attrarre una nuova generazione di videogiocatori. Chissà, magari un giorno la missione impossibile diventerà realtà.

Scritto da AiAdhubMedia

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