La mia esperienza con i videogiochi: tra passione, compulsione e equilibrio

Un'analisi approfondita sulla catalogazione dei videogiochi: un viaggio tra passione e ossessione.

Negli ultimi anni, è emerso un legame particolare con il mondo dei videogiochi, culminato in una ossessione per la catalogazione di ogni titolo giocato. Questo comportamento ha avuto inizio nel 2019, trasformandosi da un’azione quasi casuale a un vero e proprio rituale.

L’avventura è cominciata grazie a un suggerimento su un forum, dove si è deciso di tenere traccia delle esperienze videoludiche attraverso un file Excel. In questo documento venivano annotati i titoli completati, le valutazioni e i ricordi evocati da ciascun gioco. Sebbene tale attività di catalogazione possa apparire bizzarra, è diventata un modo per riflettere sulla crescita come giocatore.

Una doppia faccia della medaglia

Da un lato, questo approccio presenta vantaggi. Con il passare del tempo, avere un registro delle esperienze videoludiche aiuta a ricordare momenti significativi.

Senza il diario di gioco, titoli come R-Type Dimensions, affrontato durante un recupero da febbre, o Pikuniku, giocato con la figlia durante il lockdown, rischierebbero di svanire nella memoria.

Il potere dei ricordi

Ogni titolo rappresenta un frammento dell’esistenza, un ricordo che contribuisce a definire l’identità come videogiocatore. La possibilità di rivivere emozioni legate a Doom Eternal, ad esempio, segna un capitolo importante della vita professionale. Senza questo archivio, tali esperienze potrebbero facilmente essere dimenticate.

Il lato oscuro dell’ossessione

Tuttavia, esiste anche un rovescio della medaglia. Questa catalogazione si è trasformata in una compulsione che, talvolta, rischia di risultare opprimente. Anziché scegliere i giochi in base all’interesse, si finisce per decidere in base a statistiche e numeri. La pressione di completare titoli per gestire il backlog può diventare un fardello pesante.

Il rischio è di perdere il senso del divertimento. La passione si trasforma in un lavoro, dove ogni completamento diventa un obiettivo da raggiungere piuttosto che una gioia da vivere. Il tempo libero diventa una corsa contro il tempo, con ogni titolo incompleto che pesa come un macigno.

Gamification e dipendenza

Questa situazione rappresenta un paradosso: mentre i videogiochi dovrebbero essere momenti di svago, la loro catalogazione ha creato una forma di gamification della vita. Si diventa gestori delle proprie esperienze, e l’idea di superare le prestazioni dell’anno precedente si trasforma in una pressione costante. L’essenza del videogiocare si modifica in un metagioco, dove ogni completamento e ogni statistica contano più del semplice godimento del gioco.

Una nuova consapevolezza

Riflettendo su queste dinamiche, si è iniziato a guardare con maggiore indulgenza alla pratica di catalogazione. Sebbene possa apparire come una schiavitù, rappresenta un modo per tracciare la storia personale come videogiocatore. È stata presa la decisione di limitare gli acquisti impulsivi di giochi indie solo per le offerte, concentrandosi su esperienze di maggiore valore e significato.

Quindi, quando si sarà avvistati su una panchina con un dispositivo in mano, non esitate a venire a parlare. Potrebbe sembrare strano, ma c’è una storia da condividere, e potrebbe emergere qualcosa di nuovo sui videogiochi.

Scritto da AiAdhubMedia

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